martedì 14 aprile 2009

Domiciliari alla pentita delle BR



Cinzia Banelli, la prima pentita delle nuove Brigate rosse, potrà lasciare il carcere di Sollicciano a Firenze. Alla ex "compagna So", condannata per l'omicidio del professor Massimo D'Antona a 12 anni di reclusione, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha concesso gli arresti domiciliari. Parere favorevole era stato espresso sia dalla procura della capitale che quella di Bologna. Banelli, 45 anni, fruiva già del programma di protezione, ma era rimasta nel carcere fiorentino in attesa del parere della Sorveglianza. L'ex brigatista ha una casa a Vecchiano, in provincia di Pisa, dove vivono il marito e il figlio di cinque anni. Ma, in base a quanto previsto dal Viminale per i collaboratori di giustizia, sarà trasferita in una località segreta insieme alla sua famiglia. Inoltre le sarà assegnata una nuova identità e le sarà riconosciuto un sussidio. L'ex "compagna So" è detenuta a Sollicciano dal dicembre del 2006, da quando era diventata esecutiva la condanna per l'omicidio D'Antona. Una prima richiesta per i domiciliari era stata respinta dalla Sorveglianza di Roma il 24 gennaio dello scorso anno perché secondo i magistrati Banelli avrebbe dovuto fruire di una serie di permessi e poi si sarebbero potute fare delle valutazioni. Da allora l'ex terrorista ha lasciato il carcere una volta al mese per raggiungere la famiglia. Ex dipendente ospedaliera a Pisa, Banelli era stata arrestata il 24 ottobre del 2003 in seguito agli sviluppi delle indagini dopo l'arresto di Nadia Desdemona Lioce, la brigatista che sta scontando due ergastoli per gli omicidi Biagi e D'Antona. Nell'estate 2004, dopo aver partorito un figlio durante la detenzione, aveva cominciato a collaborare con gli inquirenti, diventando la prima pentita delle nuove Br. Decisiva era stata la rivelazione delle password che consentirono agli investigatori di decrittare l'archivio delle Brigate rosse. Era stata coinvolta anche nell'inchiesta per l'omicidio del professor Marco Biagi. In appello a Bologna era stata condannata a 15 anni e quattro mesi di reclusione, sentenza annullata dalla Cassazione perché non le era stata riconosciuta l'attenuante speciale della collaborazione. Il 12 marzo del 2008 in un nuovo processo a Bologna era stata condannata a dieci anni e cinque mesi e le era stata riconosciuta l'attenuante. A oggi ha scontato oltre un quarto della pena.
Sia la decisione del ministero dell'Interno di concederle il programma di protezione due anni fa (all'epoca del governo Prodi, sottosegretario Marco Minniti) sia quella giudiziaria conclusasi oggi con la concessione dei domiciliari chiudono una vicenda che andava avanti da anni. Per due volte, con il governo di centrodestra, la richiesta del programma di protezione avanzata dalle Procure di Roma e Bologna era stata respinta.

Nessun commento: